Nel corso della storia della didattica delle lingue straniere si sono avvicendati diversi approcci e metodi. Fino agli anni ’70 era scontato che l’insegnante controllasse le attività in classe, così come il processo di apprendimento. Questo approccio tradizionale all’apprendimento delle lingue straniere implicava il cosiddetto modello di presentazione-pratica-produzione. Negli anni ’70 a seguito della svolta “comunicativa” sono emersi  gli approcci di insegnamento comunicativo che presupponevano che l’apprendimento delle lingue avvenisse attraverso la comunicazione. All’interno di questi approcci comunicativi si trova l’apprendimento e l’insegnamento delle lingue basati sui compiti, Task Based Language Teaching (TBLT).

“Per Task-Based Language Teaching (TBLT) si intende l’approccio in cui il task (compito) rappresenta l’unità fondamentale della pianificazione e delle istruzioni nell’insegnamento delle lingue seconde (Richards, Rodgers 2014). Van den Branden (2006) lo definisce un approccio nel quadro dell’educazione linguistica in cui il docente somministra task funzionali con obiettivi non linguistici, allo scopo di ottenere uno scambio di informazioni incentrato primariamente sul significato e l’uso della lingua autentica.” (Birello, Odelli, Vilagrasa, 2017)

Questo approccio considerato umanistico in quanto si concentra sui bisogni degli studenti abbracciandone le esigenze e incoraggiandoli a comunicare in modo interattivo e attivo nella lingua di destinazione ebbe dapprima grande diffusione nei paesi anglosassoni. David Nunan, linguista australiano  di fama internazionale, autore di testi fondamentali per l’ insegnamento della lingua inglese nel suo testo del 2004 Task-Based Language Teaching tra le altre cose ha riassunto i sei passi che devono essere seguiti nel quadro dell’insegnamento delle lingue basato sui compiti.

Il primo passo consiste nell’introdurre il tema, nel creare il contesto in cui si realizzerà il compito, nel presentare il lessico chiave e le espressioni di cui avrà bisogno lo studente. Il secondo consiste in una pratica guidata in cui lo studente utilizza il lessico, le strutture e le nozioni della lingua obiettivo. Il terzo comprende delle attività audio in cui lo studente si trova di fronte a un’elaborazione di un input autentico. Il quarto prevede delle attività che portano lo studente a spostare la sua attenzione sulla forma. Il quinto consiste in una pratica libera in cui gli studenti vengono sfidati ad improvvisare usando tutte le loro competenze per raggiungere l’obiettivo proposto. L’ultimo stadio di questa sequenza è rappresentato dall’introduzione del compito finale, che riassume tutto quello che è stato svolto nei passi precedenti.(Birello Odelli, Vilagrasa, 2017) Si tratta a mio avviso di un modo diverso di insegnare una lingua straniera. Questo approccio infatti può aiutare gli studenti mettendoli in situazioni di vita reale, in cui la comunicazione orale è fondamentale per portare a termine un compito specifico. Il TBLT ha il vantaggio di “costringere” gli studenti a utilizzare le proprie competenze linguistiche al loro attuale livello, sviluppando poi man mano un linguaggio sempre più ampio e articolato attraverso l’uso. Ha, inoltre, il vantaggio di focalizzare l’attenzione degli studenti verso il raggiungimento di un obiettivo in cui la lingua diventa uno strumento, rendendo così l’uso del linguaggio una necessità. Con la scelta del TBLT come metodo di insegnamento, l’insegnante riconosce che “l’insegnamento non determina e non può determinare il modo in cui si svilupperà la conoscenza linguistica dell’allievo” e che “insegnanti e allievi non possono semplicemente scegliere ciò che va appreso”.

“Gli elementi di una lingua che si sta studiando non si inseriscono in un determinato spazio e in un determinato ordine” (P. Skehan). Ciò significa che noi, come insegnanti, e con questo concordo in toto con la professoressa Paola Antognoli,  dobbiamo lasciar andare l’idea di “controllare” il processo di apprendimento  dei nostri studenti perché realmente questo “controllo” non lo abbiamo mai avuto! Come insegnanti dobbiamo accettare che non possiamo controllare ciò che ogni studente ha individualmente imparato dopo una lezione di lingua. (P. Skehan)

Nel TBLT lo studente deve essere esposto il più possibile al contatto con la lingua straniera per dargli la possibilità, al principio, di osservarla soltanto, poi di fare ipotesi su di essa – intendendo con questo in modo intimo, personale, individuale – per poi, finalmente, cominciare a sperimentare la lingua stessa. Il ruolo dell’insegnante è quello di aiutare durante questo processo lo studente a diventare consapevole e a riconoscere le differenze e le somiglianze tra la nuova lingua e la propria, deve aiutarlo a “correggere, chiarire ed approfondire” la sua percezione della lingua straniera. (M.Lewis).

È un fatto ormai assodato che, per apprendere una lingua efficacemente, tre sono le condizioni base necessarie:

  1. L’esposizione: bisogna essere immersi nella lingua per poterla assimilare.
  2. L’uso: una lingua deve essere utilizzata per poter essere appresa.
  3. La motivazione: chi impara deve essere motivato ad utilizzare la lingua di studio, altrimenti non avrebbe senso studiarla.

 Esposizione alla lingua: durante tutta l’attività di TBLT si è immersi nella lingua d’arrivo, in quanto, per comunicare in classe, sia con i compagni sia con il professore, si usa la L2. Anche tutti i testi e il materiale a disposizione (video, audio, testi) sono presentati nella lingua che si vuole apprendere. L’uso di materiali autentici è auspicabile. Questa situazione permette di entrare in diretto contatto con la lingua concreta e reale, sia orale che scritta, utilizzata nella realtà linguistica considerata. Ciò significa anche non bisogna didattizzare o semplificare troppo la L2 altrimenti quest’ultima non sarebbe più realistica e gli allievi avrebbero poi difficoltà a comprenderla nella vita reale al di fuori dell’aula scolastica.

Uso della lingua: gli apprendenti, portati ad agire in situazioni realistiche, devono usare le proprie competenze linguistiche per effettuare delle scelte atte a risolvere un determinato problema concreto attraverso la pratica. La lingua diventa così lo strumento necessario che permette di raggiungere l’obiettivo, e il suo uso non risulta fine a se stesso.

Motivazione: l’allievo si sente motivato perché portato a esprimere il suo pensiero, le sue preferenze utili a risolvere il compito assegnato al gruppo. L’apprendente è chiamato a comportarsi come farebbe in situazioni analoghe della sua vita quotidiana. Attenzione e motivazione sono aspetti determinanti nel processo di apprendimento, infatti sappiamo che si ricordano gli avvenimenti che ci interessano e ci dimentichiamo gli altri. Il successo e la soddisfazione che si ottengono grazie alla risoluzione del compito sono fattori chiave per il sostegno della motivazione.

A conclusione del TBLT si ha sempre la possibilità di focalizzare l’attenzione sulle forme e le problematiche linguistiche emerse spontaneamente durante l’attività e di avviare, se necessario, un’analisi metalinguistica delle stesse. Ciò permette di evitare la fossilizzazione di forme o espressioni scorrette. In ogni caso questa analisi viene svolta solo una volta terminata l’intera attività.

Fonti :

  1. Nunan, Task-Based Language Teaching (Cambridge Language Teaching Library)(1st ed.). Cambridge University Press. 2004;
  2. Willis, A Framework for Task-Based Learning, Longman, 2004

https://languages.dk/archive/pools-m/manuals/final/taskit.pdf

https://edizionicafoscari.unive.it/media/pdf/journals/elle/2017/2numero-monografico/iss-6-2-2017_g57SDvs.pdf

https://www.academia.edu/30503745/A_flexible_framework_for_task_based_learning_An_overview_of_a_task_based_framework_for_language_teaching