Il Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue: Apprendimento, Insegnamento e Valutazione (QCER) è uno degli strumenti della politica del Consiglio d’Europa più conosciuti e utilizzati da chi si occupa di insegnamento delle  lingue straniere. Attraverso la Convenzione Culturale Europea 50 paesi europei si impegnano a favorire «da parte dei propri cittadini lo studio delle lingue, della storia e della civiltà» degli altri paesi europei.  Dal suo lancio nel 2001, il QCER ha svolto e continua a svolgere un ruolo fondamentale nel rendere questa visione dell’Europa una realtà.

Dopo la prima versione del 2001, nel 2018  viene pubblicato on line il QCER Companion Volume con i nuovi descrittori, un aggiornamento del primo QCER che lo amplia. Con questa nuova versione “user-friendly” il Consiglio d’Europa ha cercato di rispondere alle numerose osservazioni secondo cui l’edizione 2001 era un documento molto complesso e non facilmente accessibile.

L’approccio innovativo del QCER e del  successivo CEFR consisteva e consiste nel vedere gli apprendenti come utenti della lingua e attori sociali e di conseguenza, nel considerare la lingua come veicolo di comunicazione, piuttosto che come materia da studiare.

Il QCER considera chi usa/apprende la lingua come un “attore sociale”, che agisce in un ambiente sociale e che svolge un ruolo attivo nel processo di apprendimento. Questo comporta un cambiamento di paradigma nella pianificazione dei corsi e nell’insegnamento delle lingue, che favorisce il coinvolgimento e l’autonomia dell’apprendente.

Il QCER si è sempre proposto di essere il più possibile esaustivo e neutrale, in quanto esso fa riferimento a tutti i principali approcci all’insegnamento delle lingue nel suo complesso e neutrale, nel senso che solleva domande piuttosto che rispondervi e non prescrive alcun particolare tipo di approccio didattico. Nel QCER non viene data alcuna “risposta giusta”, . nel Quadro comune europeo di riferimento per le Lingue nché i due approcci non siano completamen- te coincidenti, possiamo senz’altro ritenere il TBLT in stretto rapporto con la proposta del QCER, considerando inoltre la presunta scelta consapevole di non menzionare esplicitamente il TBLT da parte del QCER per evitare che la discussione sui possibili approcci da adottare potesse soffocare sul nascere. L’indicazione ‘approccio orientato all’azione’ rimane più generica e in coerenza con lo spirito del QCER che non vuole dare risposte univoche.  però va ben evidenziato che in tutto il suo testo c’è un continuo riferimento’ approccio orientato all’azione.

Con l’approccio orientato all’azione si passa da programmi basati sulla progressione lineare di strutture linguistiche o di una serie di nozioni e funzioni predeterminate, a dei programmi basati sull’analisi dei bisogni, orientati verso compiti vicini alla vita reale e costruiti attorno a una scelta mirata di nozioni e di funzioni. L’approccio è incentrato sulla competenza indicata da descrittori che cominciano con sono in grado di (fare), piuttosto che indicare ciò che gli apprendenti non hanno ancora acquisito in modo sufficiente.

In classe sono diverse le conseguenze determinate dall’implementazione di questo approccio. Considerare gli apprendenti come attori sociali implica coinvolgerli nel processo del proprio  apprendimento linguistico inoltre  implica un uso estensivo della lingua di arrivo (target) in classe – imparare a usare la lingua piuttosto che imparare solo la lingua (come oggetto di apprendimento).

Il nuovo companion volume del 2018 si spinge a considerare gli apprendenti come individui plurilingui e pluriculturali  e questo significa concretamente nella classe di lingua di consentire agli studenti di utilizzare tutte le loro risorse linguistiche, quando necessario, incentivandoli a cogliere le somiglianze e le regolarità, nonché le differenze tra lingue e culture. Nella realtà delle società di oggi sempre più diversificate, la costruzione del significato può avvenire in più lingue e attingere a repertori plurilingui e pluriculturali degli utenti/apprendenti. I plurilingui posseggono un repertorio unico, interconnesso, nel quale essi combinano le proprie competenze generali e le strategie più adatte per svolgere un compito.

L’approccio orientato all’azione inoltre implica che in classe si svolgano compiti (task) finalizzati e collaborativi, il cui scopo principale non è la lingua. Se l’obiettivo principale di un’attività non è la lingua, allora può essere un altro prodotto o un altro risultato (ad esempio, pianificare un viaggio di fine corso, creare un poster, creare un blog di cucina, organizzare un festa, creare una banca del tempo ecc.).  I descrittori possono essere utilizzati per progettare tali compiti, ma anche per osservare, e se necessario (auto)valutare, l’uso della lingua da parte degli studenti durante l’esecuzione del compito.

Lo schema descrittivo e l’approccio orientato all’azione del QCER pongono la co-costruzione del significato (attraverso l’interazione) al centro del processo di apprendimento e insegnamento. Le implicazioni a livello di classe sono evidenti. L’interazione a volte avrà luogo tra insegnante e apprendente(i), altre volte è di tipo collaborativo tra gli apprendenti stessi. Il corretto equilibrio tra l’apprendimento incentrato sull’insegnante e l’interazione collaborativa tra gli studenti in piccoli gruppi, riflette il contesto, la tradizione pedagogica di quel contesto e il livello di competenza degli studenti coinvolti.

Nella presentazione dello schema descrittivo del QCER del 2018 appare più marcata e decritta la nozione di mediazione nell’insegnamento e apprendimento delle lingue. Sebbene questo concetto fosse già stata introdotto nel QCER 2001, ora viene posto come una delle quattro modalità di comunicazione dell’ apprendimento di una lingua straniera. Una volta abbandonato il modello tradizionale delle quattro abilità (ascoltare, parlare, leggere, scrivere)  nel QCER Companion Volume si parla esplicitamente di ricezione, produzione, interazione e mediazione. Infatti alle attività e alle strategie linguistico-comunicative, il QCER del 2018 sostituisce il modello tradizionale delle quattro abilità  che si era sempre più rivelato inadeguato a cogliere la complessa realtà della comunicazione moderna e si sposta su un sistema più ampio. L’organizzazione proposta dal Companion è più vicina all’uso reale della lingua, fondato sull’interazione e sulla co-costruzione del significato attraverso appunto l’uso delle più ampie quattro modalità di comunicazione: ricezione, produzione, interazione e mediazione.

Il concetto di mediazione. L’uso della lingua implica molto spesso più abilità: la mediazione prevede la ricezione, la produzione e l’interazione. Inoltre, in molti casi, non si usa la lingua solo per comunicare un messaggio, ma piuttosto per sviluppare un’idea attraverso ciò che viene chiamato “mettere in lingua” per parlare di un’idea e così esprimere i propri pensieri (languaging in inglese) o facilitare la comprensione e la comunicazione. Questo approccio tiene anche conto della mediazione legata alla comunicazione e all’apprendimento, nonché della mediazione sociale e culturale. La scelta di questo ampliamento è dovuta alla rilevanza di questo approccio in classi sempre più diversificate, in relazione alla diffusione del CLIL (Content Language Integrated Learning” – Apprendimento integrato di lingua e contenuti) e perché si considera sempre più la mediazione come parte di ogni apprendimento e in particolare dell’apprendimento di una lingua.  In classe la mediazione si applica particolarmente al lavoro in piccoli gruppi per svolgere compiti collaborativi. È possibile organizzare le attività in modo tale che gli studenti possano condividere input diversi, spiegarli e lavorare insieme per raggiungere un obiettivo.

Il testo è tratto fedelmente dall’introduzione ufficiale e presentazione del nuovo QCER Companion Volume con i nuovi descrittori dl 2018.  Per maggiori e dettagliate informazioni su questo argomento vedi :  https://rm.coe.int/quadro-comune-europeo-di-riferimento-per-le-lingue-apprendimento-inseg/1680a52d52 (fonte ufficiale)